TRAUMI E MALFORMAZIONI CONGENITE ALLA MANO DEL BAMBINO
La patologia interessante la mano ha una profonda risonanza sul piano psicologico sia che si tratti di una malformazione congenita, sia che rappresenti l’esito di un evento traumatico.
Le sindromi, le malformazioni, i traumi della mano hanno un profondo impatto psicologico indipendentemente dalle conseguenze funzionali, estetiche o dalla gravità e vastità del problema. Anche una problematica minore e di relativa facile soluzione rappresenta una fonte di dolore tanto quanto situazioni più gravi e complesse.
Le emozioni di rifiuto o l’accettazione della situazione e in caso di malformazione l’accettazione del bambino, sono sentimenti che accompagnano i genitori e che connotano profondamente il loro relazionarsi con il figlio e con coloro che possono migliorare la condizione del bambino stesso, cioè il chirurgo ed il fisioterapista.
La reazione dei genitori sul piano emotivo è fisiologica, ossia, è la normale reazione davanti ad una situazione di stress, tuttavia, questa non può restare unicamente sul piano emotivo, ma deve incanalarsi verso la ricerca operativa di un miglioramento della condizione del figlio.
Questa consapevolezza ha portato l’èquipe a considerare l’intervento interdisciplinare come modalità di gestione del paziente al fine di risponde in modo adeguato anche ai bisogni di ordine psicologico.
Lo psicologo, infatti, collabora attivamente con gli altri membri dell’équipe mediante un lavoro di supporto al bambino e ai suoi genitori che si articola nella presenza durante le visite con il medico/chirurgo e in colloqui con la coppia ed il bambino.
Lo psicologo incontra i genitori in occasione della prima visita medica, durante un colloquio che segue la visita stessa e rimane a disposizione della coppia costituendo un canale di comunicazione più facile e meno “tecnico”, ed eventualmente un sostegno nel periodo pre e postoperatorio. Lo scopo del counseling psicologico è quello di far emergere le emozioni, i dubbi, le aspettative in merito alla soluzione proposta, verificare la convinzione della scelta chirurgica o la necessità di un ulteriore confronto con il chirurgo.
La nascita di un bambino è sempre un evento atteso con gioia dalla famiglia che accoglie il neonato. In questo frangente, la scoperta di una malformazione rappresenta una fonte di stress traumatico, ed il trauma è tanto più intenso quanto la patologia è inattesa ed il genitore è stato rassicurato sulla salute del figlio dalla diagnostica prenatale.
La reazione dei genitori di fronte alla malformazione del figlio è principalmente un vissuto di inadeguatezza, un senso di responsabilità, un senso di “lutto” per aver generato un figlio “incompleto”, ed il relativo senso di impotenza per non poter in alcun modo sopperire a tale incompletezza.
Nel caso di bambini interessati da malformazione la prima visita avviene solitamente quando il piccolo paziente è neonato, questo fa si che i primi colloqui, siano rivolti principalmente ai genitori.
Con il tempo il bambino cresce e maggiore spazio viene dato in questa fase al bambino stesso, al suo vissuto nei confronti della malformazione e nei confronti delle reazioni altrui (soprattutto compagni e amici, estranei, ecc.). Questo tema è spesso uno dei problemi maggiormente sentiti dai genitori, i quali possono trovare con lo psicologo un confronto sul loro modo di gestire la vita esterna del bambino.
Anche davanti ai traumi il confronto con gli altri rappresenta un aspetto rilevante, poiché è necessario un lavoro di accettazione da parte del bambino, dei genitori, ma anche del contesto sociale della “nuova mano”.
In presenza di traumi o di malformazioni la priorità del paziente e dei genitori è riportare la situazione alla “normalità”, tuttavia, questo desiderio non è sempre realizzabile dal punto di vista chirurgico e le soluzioni proposte dal chirurgo sono spesso inattese e molto distanti da quanto sperato dai genitori.
Davanti alla impossibilità di dare o restituire “al proprio figlio una mano a cinque dita” i genitori sperimentano sentimenti di impotenza, sconforto, incertezza, solitudine, oltre alla difficoltà di misurarsi con un linguaggio, quello medico, talvolta molto tecnico e poco comprensibile.
Il bambino, anche molto piccolo, percepisce le emozioni dei genitori e, di conseguenza, può esserne influenzato nel modo di affrontare il proprio problema, ma prima ancora nella possibilità di sviluppare una personalità armonica ed equilibrata.
Un supporto psicologico per la famiglia è quindi importante il più precocemente possibile, nel caso delle malformazioni congenite fin dai primi giorni di vita del bambino o già in occasione della diagnosi prenatale, mentre nei traumi non appena sia possibile e, quindi, nel post-operatorio nel caso in cui sia necessario un intervento di urgenza o nella fase precedente il gesto chirurgico se è possibile una programmazione dell’intervento.
Facendo sempre riferimento al nostro modello teorico, quello sistemico-relazionale, i colloqui coinvolgono il bambino ed i genitori, ma ciò non preclude, in particolare con la crescita del bambino, la possibilità di trovare spazi che possono diventare individuali, per il bambino o per la coppia in relazione a precise strategie dell’operatore o a esigenze della specifica situazione.
La comunicazione medico/paziente avviene all’interno di un contesto complesso, dove il bambino deve essere coinvolto al fine di evitare vissuti di esclusione che possono ingenerare ansia, ma questo deve avvenire con attenzione ed equilibrio rispetto alle risorse emotive e cognitive, sia in sede di colloquio psicologico sia di visita chirurgica.
Cercare di affrontare e gestire anche questi aspetti del paziente significa passare da un approccio univocamente rivolto a trattare una mano ad un approccio che prende in carico i bisogni di un bambino con un problema e i suoi genitori, questo in un contesto in cui l’aspetto tecnico-chirurgico/riabilitativo è sempre e comunque fondamentale, ma viene inquadrato in una cornice ben più ampia e complessa.